venerdì 29 ottobre 2010

Salutami

Devo dirlo che oggi avrei voluto veramente buttarmi "accidentalmente" giù dalle scale di casa mia. Mi sono fermata per 3 secondi, ferma su un gradino, a guardare verso il basso con una bottiglia d'acqua in mano.
Ho pensato " Beh, se mi butto giù dalle scale proverò tanto dolore da non pensare per un po' alle altre cose che mi affliggono ". Stronzata, ho sospirato e ho tirato avanti.


Sì, perchè le mie giornate iniziano così e finiscono con 10 minuti passati davanti allo specchio a controllare la cellulite. E le giornate, più o meno, sono uguali. Questo rincorrersi, questo odiarsi-amarsi sempre di più. Tante rampe di scale, tante corse per i corridoi con la speranza di un minimo saluto ( si salutano pure gli sconosciuti). Poi se vedo un paio d'occhi azzurri in lontananza, non potrei non riconoscerli, me ne scappo dall'altra parte. 


Ha senso?


TI ODIO CAPPELLINO NERO, ANORESSICO DEL CAZZO. TI ODIO COSI' TANTO DA NON RIUSCIRE A STARTI LONTANO.


martedì 26 ottobre 2010

Voglio!

Ma che è? Una malattia questa? 
Voglio diventare una macchina da guerra, lui ha detto che lo può fare.
Glielo chiederò.

domenica 24 ottobre 2010

Fedra e Ippolito

"La tragedia è ambientata a Trezene dove Teseo è in esilio per un anno, per scontare l’omicidio dei figli di PallanteIppolito, figlio di Teseo re di Atene, è dedito alla caccia e al culto di Artemide, divinità estranea ad amore e passione. Afrodite la quale non sopporta il disprezzo di Ippolito per l'amore e le donne dovuto al culto di Artemide decide di vendicarsi. Con i suoi poteri divini fa innamorare di Ippolito la sua matrigna, seconda moglie di Teseo, Fedra. In principio la regina non rivela i propri sentimenti al figliastro, ma con il tempo Fedra non riesce più a tenere nascosta la passione e si confida con la nutrice, premurandosi che la serva non riveli nulla ad Ippolito. La donna, tuttavia, la tradisce, rivelando i sentimenti della padrona ad Ippolito, che, indignato, fugge dalla città, ripromettendosi di rientrarvi solo al ritorno del padre. Questo provoca il suicidio di Fedra che, prima di uccidersi, lascia una lettera a Teseo nella quale narra di essere stata violentata da Ippolito. Il Re, scosso dal lutto inatteso, subito dopo aver letto il messaggio e senza indagare ulteriormente, scaglia una maledizione contro il figlio invocando il padre Poseidone. Così, mentre il giovane Ippolito si trova alla guida di un carro, da un enorme flutto emerge un mostro marino dalle sembianze taurine; terrorizzati, i cavalli non riconoscono più la mano di Ippolito né la direzione del carro, che si schianta violentemente contro le rocce. L’infelice rimane avviluppato nelle redini in modo inestricabile, il suo corpo viene straziato finché, sciolto dai legami, rimane a terra, agonizzante. Solo al termine della tragedia, Artemide irrompe nella scena in qualità di deus ex machina e rivela a Teseo la verità. In questo modo lo getta nello sconforto, ma riabilita il nome di Ippolito a cui Artemide concederà per sempre onori nella città di Trezene."